Alle 4.44 a.m. squilla il cellulare sul comodino di Stefano e…il suo amico Willy, se n’è andato.
Aspettavamo la notizia dal pomeriggio, da quando era andato a prenderlo in clinica per portarlo a casa, apparentemente guarito e invece aveva avuto un arresto cardiaco con versamento nei polmoni, così la Dottoressa gli aveva riferito.
Ma come? Era nato tutto da un banale blocco intestinale ed è finito a giacere nel giardino del Diretür…
Willy era un gatto, un meticcio, quei gatti che la gente chiama di “razza europea” per non dire bastardi, ché di un gatto suona male, non come per i cani a cui non si risparmia quest’onta, chissà perché.
Era orfano di una coppia di padroni senza figli, prima aveva lei lasciato questa terra, poco dopo il marito e il povero quadrupede era rimasto solo, abituato a vivere in una casa tranquilla e poco frequentata.
Portato in un gattile milanese, dopo giorni di stato catatonico, è tornato alla vita grazie a Stefano, uomo meraviglioso e generoso, che lo ha accolto pur sapendo che non avrebbe potuto legarsi troppo a lui: Willy aveva 11 anni, era obeso e dal brutto carattere.
In breve, invece Willy, chiamato anche Willone, Willy the cat, Willy/cane, Willy il ciccione, Willy/The Spiderman e tutti quegli stupidi nomignoli che i padroni di animali danno loro in base a dimensioni, pose e caratteristiche, diventa un punto fermo e insostituibile per Steve!
Willy pur nella sua obesità, da gatto anziano e sterile e forse trascurato in gioventù, era elegante: camminata sinuosa, coda lunghissima, occhi grandi e verdi, riempiva davvero l’ambiente e ha trasformato nei 13 mesi in cui è stato con noi, l’abitazione di Stefano nella sua casa: infatti ha rappresentato il focolare, il ritorno a casa è diventato il ritorno da Willy, che lo aspettava miagolante fino al riempimento della ciotola per poi accucciarsi vicino in cerca di coccole e grattini.
Ci ha regalato serate esilaranti, come quando annusando un crauto caduto sul pavimento durante un “ hotdog party” fece dei versi disgustato e simulando, ma nemmeno troppo, un conato di vomito. O quando prepotentemente si piazzava in mezzo a noi sul divano o a letto, da cui un altro nomignolo affibbiatogli era: “ Gelosina.”
Ci divertivamo a prenderlo in giro, a giocare con lui coi nastri che chiudono le confezioni dei pasticcini, li adorava, i nastri intendo, forse anche i pasticcini, ma quelli glieli abbiamo risparmiati…e fantasticavamo su quel pezzetto di orecchio mozzato, chissà quali imprese aveva avuto da giovane, chissà se si era battuto per una donzella o per una lucertola!
È stato bello averlo intorno, anche se non nascondo di averlo temuto un po’ all’inizio; ad ogni sbadiglio scorgevo quei denti “a sciabola” da tigre del Bengala e mi inquietavano le sue unghie lunghe e anche l’atteggiamento un pò ostile nei miei confronti…Stefano approfittava del mio timore e lo intimava di saltarmi alla giugulare ad ogni mia battuta pungente su di lui, insomma un bel gioco tra noi tre, solo nostro.
Ma questo è stato all’inizio, adesso si fidava di me ed io di lui, lo accudivo quando Steve era fuori per lavoro, si metteva sulle mie gambe, ma solo se c’era il plaid, furbacchione, e guardava interessato (?) ogni puntata su Netflix della serie che ci stava a cuore.
Curioso, proprio come un gatto, cercava di introdursi negli armadi, sotto le coperte, fuori al balcone, ma sempre senza eccessi, da felino maturo e un pò sprezzante.
S’infilava nelle borse della spesa, quelle grandi che ci hanno costretto ad usare da quando hanno bocciato la plastica, che poi non sono anch’esse di plastica!? E anche nelle scatole, ogni acquisto su Amazon era un espediente per farsi una cuccia.
Insomma Willy, lo so, sarò retorica, ma è stato un amico, un compagno di viaggio degli ultimi 13 mesi della vita mia, ma soprattutto di quella di Stefano, mi mancherà, ci mancherà la sua ingombrante, affettuosa presenza e ci vorrà un pò prima che un altro peloso possa riempire quel vuoto.
Sarà sepolto nella nuda terra, ho sconsigliato a Stefano la cremazione, l’idea di quegli occhioni e del pancino rosa nel fuoco mi atterriva, lo preferisco sapere addormentato sotto un prato come quando si nascondeva “sotto coperta,” pensando di non essere visto.
Addio Willy gatto, è stato un vero piacere!