La messaggistica istantanea ha di certo rovinato i rapporti e il linguaggio umano. Dietro quel maledetto Whatsapp si comunica la qualunque.
Ci si giura eterno amore, ci si lascia lanciando anatemi, si fanno offerte di lavoro, ci si invita a cena, si approccia sessualmente, tutto senza guardarsi negli occhi e senza il piacere dei toni della voce.
Questo, almeno, fino alla diavoleria del messaggio vocale, nasce proprio per adoperarli, quei toni, in assenza dei quali equivoci e fraintendimenti inaciditi, erano all’ordine del giorno.
Ma, si badi bene, senza contraddittorio.
Le persone tutte ormai hanno paura di dialogare; così lasciano vocali lunghissimi, sapendo di poter dire qualsiasi cosa: in fondo, pensano erroneamente, stanno interloquendo con un aggeggio di plastica, non con una persona in carne, ossa e sentimenti. Così quando ci si sposa, ci si laurea, si trascorre il compleanno, si perde una persona cara, tutto quello che riceverai sono dei messaggi su Whatsapp.Auguri, condoglianze, congratulazioni. Tutto scritto o vocalato senza sentimento.
Qualcuno può affermare che le telefonate di un tempo erano altrettanto gesti formali. Beh non sempre: io le chiamo atti di cortesia e cordialità. Perlomeno si spende il proprio tempo: una telefonata, infatti, non si sa nemmeno quanto duri, un vocale si può perfino ascoltare in modalità accelerata! Che poi vorrei capire tutta questa fretta che abbiamo di fare cose, per fare cosa??? Prendetevelo il tempo di una telefonata, di una risata con contraddittorio, anzi meglio, date appuntamento a un’amica, a una sorella, a un collega per un caffè.
Fate una pausa.
Ho “sbrigato” dei rapporti con un Whatsapp e ora che non posso più sentire la voce di persone a me carissime, sono davvero pentita di quelle telefonate mancate.
I cosiddetti Social, sono la cosa più asociale che esista. In verità, se avessimo davvero voglia di comunicare, di essere amabilmente socievoli, non ci celeremmo dietro un post, una foto con tanto di didascalia, un messaggino: abbiamo paura di ascoltare, più realisticamente non ne abbiamo voglia, forse, o forse ci sentiamo braccati dalla possibilità di essere raggiunti sempre, perfino in bagno, sul luogo di lavoro, mentre ci confessiamo dal sacerdote, se dimentichiamo di abbassare la suoneria.
Già: altro capitolo interessante. Le suonerie, quelli che “ah ma io ho fisso il silenzioso” e infatti volevo comunicarti che sono stata investita da un camion, ho le gambe rotte, sono all’ospedale e il cane è solo a casa, inoltre una tempesta di vento ha scoperchiato il tetto e mi grandina in sala da pranzo, ma tu avevi il silenzioso! Poi quelli col volume altissimo e suonerie improbabili, o gli adepti di Siri che vengono prudentemente avvisati “Chiamata dal Rag. Bruno”, o “Dio la banca, no, non rispondo!”.
I messaggi però ci levano anche dall’imbarazzo di scoprirci, e così buttiamo cuori non oltre l’ostacolo ma aldilà della tastiera, ma anche quadrifogli, fiori, faccine buffe ad amici e cugini, estetiste e personal trainer…riusciamo perfino a dire “ti voglio bene” a un genitore, un fratello, un figlio, destinatari, nella vita reale, di tutto fuorché di parole d’amore e di dolcezza.
Litighiamo e facciamo pace, tutto senza vederci, nè sentirci.
Forse dovremmo imparare a non vergognarci delle nostre emozioni: parliamo, discutiamo, amiamo, siamo spudorati per una volta! Laddove l’accezione del termine è positiva, senza pudore ma dei sentimenti, che si rivelino in diretta, frontali, senza una tastiera a fare da intermediario.